mercoledì 14 marzo 2012

Miti e leggende Giancarlo Falappa



In Italia è tuttora chiamato "Il Leone", la sua uscita dal mondo delle corse è stata sia dolorosa che repentina, pur lasciando un marchio indelebile nel mondo del World Superbike.La sua prima volta negli Stati Uniti fu a Brainerd nel 1989 alla guida di una Bimota-Yamaha, e nonostante non fosse realmente in gara quel weekend la sua presenza fu la principale chiacchiera nel paddock e motivo di interesse. Falappa era un ex-crossista dell'entroterra Adriatico, e fece la figura del folle su quel circuito. Solo per prendere confidenza con le curve del percorso, mai visto prima da lui, sembrava tirarle a un 20 Km/h in più della soglia di saggezza e di integrità: i suoi compagni (fra cui Virginio Ferrari) lo consideravano ancora prudente ed in imbarazzo con la pista, figurarsi!
Penso che volesse letteralmente consumare il circuito nel giro di 5-6 curve consecutive in una tornata, sembrando più veloce dell'umano possibile, cercando sempre un nuovo limite con una tecnica originale e interessante.
Chiesi a Mike Baldwin, suo compagno chi fosse quel tale. Subito dopo una derapata in cambio di direzione, la gente di Brainerd dell'89 vide da lui qualcosa mai visto in precedenza: in uscita dell'attuale curva 9 in piena impennata colossale, si mise in piedi sulle pedane della Bimota per bilanciare l'assetto proprio in prossimità del passaggio pedonale rialzato.Raschiò in piena velocità e in monoruota la parte superiore del casco contro la base del ponte in cemento.Da bordo pista, sembrava fossero alti 7 metri la moto e il pilota, sfidando Dio alla morte. Era del tutto folle.Nonostante la moto la sua guida era di livello superiore, e il suo comportamento al paddock daffero informale.
Continuava a sfumacchiare con la tuta addosso e "parlando" con ogni giovane donna del luogo, come un marinaio in viaggio da Singapore a New York senza domani: gli piaceva la vita, e a dirla tutta, quando un giovane corridore corre come il giovane Falappa, sembra proprio vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo. E ciò non di meno ogni mattina di quel fine settimana di gara, c'era una diversa ragazzotta del Minnesota davanti a lui al garage della Bimota, sempre vestito con la tuta del giorno prima.Anche prima del passaggio alla top-bike ducati 888, poi 916 era riuscito con una moto non sempre al vertice come la nervosa Bimota Yamaha a vincere gare del Mondiale, anzi: proprio al debutto a Donington.Nel suo secondo anno però effettivamente comincio la sua ascesa alla classifica e discesa all'interno dei limiti umani della guida, con appunto la bicilindrica italiana, affiancato dal freddo compagno di squadra Raymond Roche, chiaramente innervosito da avere un nuovo compagno di questa foggia.
Falappa invece fece finta che Roche nemmeno fosse vivo e guido come se nulla fosse.Inevitabilmente ogni giovane pilota rampante riduce col tempo i suoi rischi a furia di suonate e cadute: il polso a Mosport, ancora il polso (e entrambi i femori, la spalla e un principio di coma) in Austria. Ciò ridusse le sue speranze di vertice per un anno. Nel 92 però la sorte cambiò radicalmente per lui: un nuovo Falappa, più calmo e veloce di prima, esorcizzo i pessimi ricordi dell'Austria vincendo lì entrabe le gare, gara 2 in Olanda e l'ultima gara in Nuova Zelanda. Continuò a maturare nel tempo, lasciando sepolti i suoi primi giorni roventi e selvaggi: il 93 fu ruggente per il Leone, doppietta all'esordio sotto la pioggia a Brands Hatch, vittoria furiosa ad Hockenheim, doppietta nella gara di casa a Misano ed altre vittorie che gli valsero, con roche come caposquadra, la 5ta piazza mondiale e un paio di gare di leadership.
Il 1994 sembrava la resa dei conti finale per Falappa, riunendo vittorei e "consistenza". Aveva già vinto a Misano, corso a Daytona con la nuovissima 916 e restava secondo dietro al campione incarica Scott Russell in quell'inizio di mondiale. Carl Fogarty, suo compagno, era quarto distanziato.Dopo Misano si andò ad Albacete per dei test, e fu allora che Giancarlo Falappa mise tutto da parte. Ad Albacete stava testando della componentistica nuova per l'appena nata Ducati 916 quando un qualcosa collassò nella moto che sbalzò il Leone dalla sella, infergendogli ferite mortali. Per settimane notizie poco rassicuranti filtrarono dagli Stati Uniti all'Europa, indicando spesso che Falappa non avrebbe oltrepassato la notte, ma ce la fece, dopo quattro settimane di coma vigilato.
I più credevano che ci restasse. Nel mentre, sotto le amorevoli e umane cure del Dt. Costa presso l'ospadale di Imola, gli stessi neurologi non erano nemmeno speranzosi che riprendesse conoscenza.
Il Dottor Costa sapeva bene che la prima cosa per riportare Falappa in vita era risvegliare il suo istinto di pilota, lo stesso che lo faceva credere che "nessuno potrà battermi, nessuno mi passerà". Per tutta la durata della sua degenza, attraverso delle cuffie Falappa ha ascoltato le cronache delle sue gare, con lui che sconfiggeva il mondo a Monza, Misano, Brands Hatch.
Sotto tale terapia, la sua faccia prendeva forma, con le palpebre che vibravano: ciononostante, non era ancora cosciente dopo un mese, la speranza stava pian piano svanendo.
Il 19 Luglio del 1994, il celeberrimo commentatore della televisione italiana Giovanni Di Pillo, si fermò in visita presso il suo letto; era stato la voce di numerose imprese del pilota e si mise a parlargli come se fosse la vigilia di una drammatica e importante partenza di una gara."Giancarlo" disse "svegliati! Ti devi svegliare presto, Scott Russell si sta avvicinando sempre di più!
E' sul punto di sorpassarti, dagli il gas! Dagli il gas!" E fu proprio in quel momento, dopo 33 giorni dal terribile crash in Spagna, che Giancarlo Falappa riprese conoscenza. Il suo ricovero fu troppo lungo per ridonarlo alle corse, e non corse più dopo quel giorno ad Albacete, eppure Falappa lavora ancora come "uomo squadra" alla Ducati Corse, firmando autografi e presenziando a numerose gare, riunioni di club e cene di tifosi.
Una storia vera.

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